PROGETTO PER
Il lavoro di video-arte realizzato da Maurizio Barraco, artista palermitano,che è stato proposto al grosso pubblico, in questi giorni, in occasione di una mostra tenutasi a Palermo ,è nato nel tempo, con pazienza quasi certosina, giorno dopo giorno, e in seguito a tutta una serie d’esperienze e d’incontri dell’artista ,vissuti in precedenza attraverso viaggi o grazie anche ad approcci avvenuti talvolta quasi per caso.
La sensibilità di un artista, lo sappiamo, è e rimane sempre qualcosa di molto speciale.
Pertanto un sorriso , lo stringere la mano a qualcuno, un bacio dato o rubato, l’osservare una scena di vita vissuta, sono momenti che si prestano tutti ad una lettura del reale, che non è e non può essere ovviamente quella dell’uomo comune.
Anche se qualcuno, come Pierre Bayard, studioso francese, arriva a sostenere paradossalmente, e prende addirittura a modello Aristotele, che il viaggiare è un “non viaggiare”, facendosi cantore provocatorio dell’inazione, il viaggio invece, e quindi l’immediatezza dei sensi nel confronto con la realtà, è per Barraco un qualcosa d’ insostituibile e d’ imprescindibile nell’esistenza di ciascuno di noi.
E lo scopo è quello di arrivare a poter cogliere almeno piccole schegge del mistero dell’esistente. Quello che, nei limiti,è permesso conoscere a noi umani, che divini non siamo.
Le opere di Barraco all’atto della realizzazione in atelier, osservate ciascuna separatamente, al profano dicono poco. Anzi rischiano di mandarlo in confusione.
Dietro quelle parti anatomiche separate, come può essere un piede, una mano, un volto ripiegato, un seno, una vagina o un pene c’è la ricerca dell’insieme- forma, uomo, donna, adolescente, bambino, persona insomma, con tutto il suo carico esperienziale e drammatico quotidiano. E drammatico qui vuol dire, etimologicamente inteso, azione, movimento, slancio. Tanto fisico che emotivo. Dinamica. Vita.
E’ l’artista che si fa demiurgo. Il creatore.
Perché?
Perché, se questo è lo specifico dell’arte,che nemmeno nel realismo è mai copia conforme della realtà bensì sempre e comunque innovazione apportata al reale, le “donne” di Barraco, che accompagnano, nelle più differenti versioni, il “Progetto per la costruzione di un corpo”, sono esse stesse quelle che hanno consentito e indotto appunto, con le proprie “storie” vissute e narrate, l’artista a questa indagine speculativa, che parte dalla materia per pervenire , in finale, al momento noumenico. E cioè all’essenza dell’esistente che è pensiero.
Quali storie?
Storie vere come le tante, di cui abbiamo notizia, di ogni giorno e di ogni tempo. Storie di gioia e di dolore.
Lutti subiti e amplessi voluti.
Violenze e tenerezze.
Inganni e donazioni.
Innocenza tradita e rabbie represse o manifeste.
Il mondo emotivo di Barraco (le sue “donne” in particolare), che si traduce nelle raffigurazioni dal tratto incisivo delle sue opere e dove il colore è indicativo del pathos del momento , è il suo certamente ma, forse, è soprattutto il nostro. O meglio il mondo di tutti noi.
Quello in cui ci muoviamo , cercando a fatica, con gesti da esperto ginnasta, di trarre fuori i nostri piedi dal fango immondo della quotidianità , fatta per lo più di ricatti e compromessi continui.
E l’uscita di sicurezza-dice l’artista- è solo quella che chiamiamo amore in senso lato, che si fatica a ricercare.
Quello che Barraco ci propone, saltando a piè pari quel puritanesimo ipocrita e bacchettone anche dei nostri tempi, che preferirebbe forse non vedere, è allora un probabile larvato tentativo di riflessione, affinché la luce vinca le tenebre. Il bene trionfi sul male. Lo spirito vinca la materia o almeno non si perda interamente in esse.
Dovendo cercare per l’opera di Barraco, se proprio si vuole, un riferimento a livello di contenuto storico-estetico, a me viene in mente , con i dovuti distinguo temporali e di storia soggettiva, l’opera di Matthias Grunevald, l’artista alsaziano del Cinquecento, che ha fugato la paura della morte fisica, che va letta anche come morte dell’anima, contrapponendole, con vibrante forza, a colpi di spatola o di pennello, il trionfo della luce.
Il male ritratto e proposto, talora anche nel gesto lascivo e scomposto delle “donne” di Barraco, ecco allora che può venir letto in un’angolazione totalmente “altra” quale momento propedeutico alla catarsi.
Ricerca cioè di limpidezza.
Ricerca di verità al di là di quei fantasmi del nostro immaginario che assomigliano tanto, nei loro allettamenti ,al canto delle sirene in cui s’imbatté l’Ulisse omerico delle nostre letture adolescenziali.
Marianna Micheluzzi
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